Correlazione tra Mpr e autismo: nuova secca smentita

È la conclusione di un corposo studio americano che studia bambini con familiarità.

Numerosi studi sono stati condotti in passato per provare o smentire una possibile correlazione tra il vaccino per morbillo-parotite-rosolia (Mpr) e l’autismo. Le evidenze scientifiche vanno ormai in una direzione chiara. Tanto che il clamore mediatico e la necessità di smentire i miti attorno all’argomento restano tra le ragioni che spingono i ricercatori a continuare su questo filone.

Una nuova ricerca portata avanti negli Stati Uniti e pubblicata sul Journal of the American medical association (Jama) ha preso in considerazione l’ipotesi di correlazione in una nuova chiave, valutando un grande campione di 96 mila bambini americani, allo scopo di verificare se tra quelli che avevano familiarità per l’autismo, quindi di per sé a maggior rischio, il vaccino potesse essere una concausa malattia.

«Nonostante gran parte delle ricerche svolte negli ultimi quindici anni non abbia evidenziato legami tra vaccino Mpr e disturbi dello spettro autistico, alcune osservazioni svolte su genitori che hanno bambini con questi disturbi suggerivano che la vaccinazione Mpr potesse essere una concausa di autismo nei figli successivi» si legge nelle premesse dello studio diretto da Anjali Jain del “Lewin group” di Falls Church, in Virginia.

Per effettuare la ricerca sono stati considerati i bambini da zero a cinque anni, con almeno un fratello maggiore, presenti lungo il corso degli ultimi undici anni nel database amministrativo “Optum research database” che contiene al suo interno dati provenienti dal sistema assicurativo privato e dal programma nazionale americano “Medicare”. Sono stati quindi rilevati i dati sulle vaccinazioni dei bambini, e su quelle dei loro fratelli maggiori, nonché la diagnosi di autismo (in tutte le forme dello spettro autistico codificate nel sistema “International Classification of Diseases”).

Del totale dei bambini, vaccinati e non, circa uno ogni cento ha avuto diagnosi di autismo nei successivi cinque anni. Due ogni cento avevano invece un fratello maggiore con diagnosi di autismo. Di questi, seguendo il follow-up, il sette per cento ha sviluppato a propria volta autismo.

Tra i bambini con fratelli maggiori non affetti, a due anni risultava vaccinato l’84 per cento con una dose di Mpr, mentre a cinque anni la quota saliva al 92 per cento. Le coperture tra i bambini con fratelli maggiori autistici invece risultavano più basse di undici punti percentuali a due anni, e di sei punti percentuali a cinque anni.

L’analisi dei dati ha permesso di concludere che il vaccino Mpr non si associa ad alcun aumento di rischio, neppure nei bambini di famiglie con figli già colpiti da autismo, in nessuna fascia di età. Un elemento prudenziale di cui tener conto ad avviso degli stessi autori riguarda un limite nel metodo di raccolta dei dati che potrebbe sottostimare i tassi di vaccinazione Mpr. Nonostante questo i risultati sembrano piuttosto confortanti.

Bryan King, del “Children's hospital” di Seattle, in un editoriale di accompagnamento all’articolo osserva: «Nel loro insieme, una dozzina di studi hanno dimostrato che né l'età di insorgenza dei disturbi né la loro gravità o il loro decorso differiscono tra bambini vaccinati e non vaccinati – e sottolinea – Ora si dimostra che neppure il rischio di disturbi dello spettro autistico nelle famiglie con figli già colpiti da autismo differisce tra bambini vaccinati o meno».

CB/AF

Fonti / Bibliografia