L’efficacia ad interim del vaccino antinfluenzale stagionale è stata valutata in uno studio recentemente pubblicato nel “Morbidity and Mortality Weekly Report (MMWR)” a cura dei Centres for Disease Control and Prevention (CDC) di Atlanta.
Dallo studio è emerso che l’efficacia generale del vaccino antinfluenzale è del 36 % , che significa che in una persona vaccinata il rischio di ammalarsi di influenza è ridotto di circa un terzo.
Nello specifico:
- per il virus A (H3N2) l’efficacia protettiva è del 25%
- per il virus A (H1N1)pdm09 è del 67%
- per tutti i virus B è del 42%.
Tra le oltre 4500 persone considerate, la maggior parte dei casi di influenza è stata provocata dal virus A (H3N2), che è risultato responsabile anche dei casi più severi di malattia. Tra i virus B, invece, il ceppo più diffuso è stato il lineaggio Yagamata.
I risultati, in linea con quelli ottenuti alla fine della stagione 2016-2017, sono in contrasto con quelli ottenuti da analoghi studi effettuati in Canada ed Australia, che stimano un’efficacia intermedia rispettivamente del 17 % e 10 %.
Sulla base di questi risultati, gli autori sottolineano la necessità di trattare con terapia antivirale i pazienti, specialmente anziani, ospedalizzati affetti da influenza, con patologie severe o progressive, o quelli ad alto rischio di complicanze, indipendentemente dallo stato vaccinale.
E’ da notare che durante la stagione 2014-2015 l’efficacia vaccinale negli Stati Uniti è stata inferiore al 20 %; nonostante questo è stato stimato che il vaccino è stato in grado di prevenire circa 144.000 ospedalizzazioni e 3.400-4.000 morti correlate all’influenza.
La produzione del vaccino antinfluenzale efficace rappresenta una sfida sempre attuale, ma è vero che per ora rappresenta la nostra miglior difesa nei confronti dell’influenza. La vaccinazione non determina necessariamente l’assenza della malattia, ma riduce la durata e la severità dei sintomi e limita la diffusione del virus.