I vaccini non sono pericolosi

Ipotesi

Alcuni ritengono che i vaccini siano sostanze pericolose e nocive, non sufficientemente controllate o comunque rischiose.

Elementi scientifici che smentiscono l’ipotesi

Il concetto di sicurezza dei vaccini può essere declinato in due diversi modi:

1. Il concetto di sicurezza come innocuità

Se sovrapponiamo il concetto di sicurezza di un vaccino al suo essere innocuo, qualsiasi evento avverso renderebbe il vaccino non sicuro. In generale, applicando questa definizione, si può affermare che nessun vaccino è sicuro al 100%.

In realtà, i vaccini, prima di essere immessi sul mercato, devono superare rigorose analisi e il monitoraggio continua una volta che essi entrano in uso, tramite la segnalazione degli eventi avversi ai farmaci, rendendo di fatto i vaccini tra i farmaci più controllati disponibili. La segnalazione degli eventi avversi, che nel nostro Paese è gestita dall’Agenzia Italiana del Farmaco, permette di conoscere e descrivere precisamente la pericolosità dei vaccini.

Nella maggior parte dei casi si tratta di reazioni lievi che si risolvono spontaneamente (dolore e rossore al sito di iniezione o febbre). In alcuni casi si possono sviluppare reazioni rare, gravi da vaccino e di solito non è possibile prevedere quali individui potrebbero sviluppare una reazione di questo tipo. Tuttavia, seguendo le linee guida che indicano quando si può o non si può usare il vaccino, il rischio di effetti indesiderati viene minimizzato.

Ma, se ci si pensa bene, poche cose possono definirsi innocue. Anche le attività quotidiane nascondono dei pericoli: in Italia ogni anno gli incidenti domestici causano almeno 4.500 decessi, 130.000 ricoveri ospedalieri e 1.300.000 arrivi al pronto soccorso 1. Gli incidenti stradali in Italia nel 2010 hanno causato 4.090 morti e 302.735 feriti 2. Il fumo di sigaretta determina circa 30.000 morti all’anno per tumore al polmone. Eppure una parte di soggetti che non vuol vaccinare i propri figli non considera l’ipotesi di non utilizzare la macchina o di smettere di fumare.

Le persone a volte temono attività che non sono in realtà pericolose e non temono, invece, attività che potrebbero avere conseguenze molto drammatiche. Ovvero, tendono a sovrastimare o sottostimare il rischio in base a una molteplicità di fattori. I fattori che influenzano la percezione del rischio sono molti. Questo l’elenco stilato da David Ropeik, ex docente all’Università di Harvard e autore di alcuni libri sul rischio 3.

  • Fiducia. Più abbiamo fiducia in una determinata persona o in un comportamento, meno avremo paura, e viceversa.
  • Rischio e beneficio. Più grande è il beneficio che si percepisce associato a qualsiasi scelta, meno si tende ad avere paura dei rischi associati a quella stessa scelta.
  • Controllo. Quando si pensa di poter controllare la situazione – in senso fisico, ma anche in senso psicologico e di partecipazione al processo decisionale – qualunque situazione diventa meno spaventosa.
  • Libertà di scelta. Le situazioni in cui ci rimane la possibilità di scegliere se e come affrontare un pericolo tendono a fare meno paura di quelle in cui un analogo rischio ci viene imposto dall’esterno (come è il caso, per esempio, dei rischi ambientali).
  • Naturale o creato dall'uomo. I rischi naturali in genere ci spaventano meno di quelli derivanti dalle attività umane. Per questo percepiamo come più pericolosa la vicinanza con un’industria rispetto al cibo che mettiamo in tavola, indipendentemente dalla valutazione reale dei rischi associati.
  • Terrore. Peggiori sono le conseguenze (in termini di maggiore sofferenza) di un rischio, più esso ci spaventa. Ecco perché per molto tempo la prevenzione del cancro è stata scarsamente seguita: meglio non far niente che affrontare la paura della malattia.
  • Catastrofico o cronico. Ci fanno più paura le cose che possono uccidere molte persone in uno specifico momento e in uno specifico luogo (come un attentato terroristico) rispetto a quelle che causano lo stesso numero di morti in modo cronico, distribuiti nello spazio e nel tempo (come una malattia o gli incidenti d’auto).
  • Incertezza. Più ampia è l’incertezza sulla reale entità di un rischio, maggiore il timore. L’incertezza può nascere quando non ci sono dati concreti o quando non siamo in grado di comprenderli (le cose invisibili sono incerte per definizione e questo spiega il particolare timore suscitato da potenziali rischi invisibili come le onde elettromagnetiche).
  • Io e loro. A prescindere dai fatti, qualsiasi rischio sembra più grande quando pensiamo che possa riguardarci direttamente. Non importa se colpisce una persona su un milione se temiamo di essere quella persona.
  • Familiare o nuovo. Quando sentiamo parlare per la prima volta di un rischio, e non ne sappiamo molto, abbiamo più paura di quando abbiamo convissuto con lo stesso rischio per un po’ e l’esperienza ci aiuta a vederlo in prospettiva.
  • Bambini. Temiamo di più i pericoli che colpiscono i bambini rispetto a quelli che riguardano la popolazione adulta.
  • Personificazione. Un rischio associato a una specifica persona o a un singolo fattore (vaccino) ci terrorizza di più di uno che statisticamente è altrettanto reale, ma lo è solo astrattamente nella nostra mente.
  • Correttezza/moralità. Ci fanno arrabbiare di più i rischi che riguardano i poveri, i deboli e i disabili rispetto a quelli che toccano i ricchi e i potenti. Ci arrabbiamo quando chi è esposto ai pericoli non fruisce per questo di nessun beneficio.
  • Consapevolezza. Più siamo consapevoli di un rischio – grazie ai media ma anche ai contatti sociali – più ne siamo preoccupati.

2. Il concetto di sicurezza come capacità di preservare da un pericolo reale

Se utilizziamo questo concetto di sicurezza, il rischio legato all’utilizzo del vaccino deve essere significativamente inferiore rispetto ai benefici che derivano dal suo utilizzo (si previene la comparsa della malattia). In altre parole, bisogna valutare il rapporto rischio-beneficio dei vaccini e vedere se esso sia favorevole. Infatti, anche un effetto collaterale raro non sarebbe giustificabile se il vaccino non fosse associato ad un beneficio.

Valutiamo il rischio-beneficio dei vaccini confrontando il rischio derivante dalla malattia con il rischio legato all’uso dei vaccini 4.

Rischi relativi alla malattia Rischi relativi alla vaccinazione
Morbillo

Polmonite: 1/20
Encefalite:1/2000
Morte: 1/3000

Parotite

Encefalite: 1/300

Rosolia

Rosolia congenita: 1/4 se contratta a inizio gravidanza

Vaccino MPR

Encefalite o reazione allergica severa: 1/1.000.00

Difterite

Morte: 1/20

Tetano

Morte: 3/100

Pertosse

Polmonite: 1/8
Encefalite: 1/20
Morte: 1/20

Vaccino DTP

Pianto inconsolabile poi completo recupero: 1/100
Convulsioni o shock poi completo recupero: 1/1.750
Encefalopatia acuta: 0-10,5/1.000.000
Morte: non provata

La tabella dimostra che un bambino ha molte più probabilità di essere colpito da una di queste malattie che da qualsiasi vaccino. Ovvero, i benefici della vaccinazione superano di gran lunga il rischio lieve legato alla vaccinazione stessa. D’altra parte, in assenza delle vaccinazioni, si sarebbero verificati molti più morti e complicanze.

Conclusioni

La produzione dei vaccini è un processo delicatissimo che porta alla loro introduzione solo dopo un lungo periodo di studio. Il monitoraggio costante – sia durante la fase di produzione che durante l’utilizzo – rende i vaccini farmaci altamente sicuri tra quelli disponibili in commercio.I rischi, comunque modesti, legati all’uso dei vaccini devono sempre essere confrontati con i loro benefici.

Fonti / Bibliografia
  1. Dati dal Sistema Informativo Nazionale sugli Infortuni in Ambienti di Civile Abitazione (SINIACA), Istituto Superiore di Sanità.
  2. Dati ISTAT.
  3. Ropeik D. How risky is it, really? Why our fears don't always match the facts. McGraw Hill 2010.
  4. Dati dal Center for Disease Control (CDC).